Si è svolta sabato 24 ottobre la presentazione dei primi risultati del progetto di ricerca scientifica di Monte Scorluzzo (m 3094), sostenuto dal Parco Nazionale dello Stelvio e coordinato dall’Università di Padova nell’ambito della Strategia Area Interna Alta Valtellina – scheda 5.1 “Progetto d’area Grande Guerra: valorizzazione delle testimonianze e recupero dei manufatti (itinerari trincee)” (Spesa agevolata a valere sul Programma POR FESR Lombardia 2014-2020 Asse VI).
L’iniziativa era destinata agli studenti delle classi IV e V e ai docenti dell’Istituto di Istruzione Superiore “Alberti” di Bormio.
Il sito risalente al Primo Conflitto mondiale di Monte Scorluzzo (una capanna austro-ungarica conservata in condizioni straordinarie dal ghiaccio che l’ha invasa subito dopo la guerra) si è rivelato di grande interesse non solo dal punto di vista storico (oltre alla baracca sono stati recuperati oltre 300 reperti) ma anche per aver conservato, come mai si era verificato prima, condizioni ideali per indagini scientifiche multidisciplinari e interdisciplinari nei più svariati settori della ricerca scientifica. Occasione unica per ricostruire, tramite storia e scienza, le condizioni di vita dei militari che lassù combatterono, così come le condizioni e gli effetti ambientali che i combattimenti ebbero nell’intorno dello Scorluzzo.
Dopo i saluti “di rito” portati dal prof. Arrigo Canclini dell’Istituto Alberti e da Massimo Favaron del Parco Nazionale dello Stelvio, si sono succeduti gli interventi tecnici.
Stefano Morosini, coordinatore scientifico del progetto, ha raccontato come si è arrivati a dare corpo a questa straordinaria indagine multi- e interdisciplinare.
Sono seguiti gli interventi dei coordinatori delle molte indagini in via di effettuazione, appartenenti a diverse università e istituti di ricerca:
- Roberto Ambrosini – Corso di Laurea in Scienze e Politiche ambientali – Università degli Studi di Milano
- Aldino Bondesan – Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità – Università degli Studi di Padova (indagine che ha coinvolto anche: il Master GIScience e Sistemi a Pilotaggio Remoto; l’Università degli Studi di Parma [Roberto Francese]; l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica sperimentale – OGS [Massimo Giorgi])
- Marco Caccianiga – Dipartimento di Bioscienze – Università degli Studi di Milano
- Nicoletta Cannone – Dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia – Università dell’Insubria – Como
- Mauro Gobbi – MUSE – Trento (indagine che ha coinvolto anche il Museo di Storia naturale di Verona [Leonardo Latella])
- Mauro Guglielmin – Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate – Università dell’Insubria – Varese
- Valter Maggi – Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra (DISAT) – Università degli Studi di Milano – Bicocca
- Roberta Pini (in collaborazione con Cesare Ravazzi) – CNR – Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria – Milano
- Cristiano Vernesi – Fondazione Edmund Mach, San Michele all’Adige (TN)
- Giovanni Cadioli – Università degli Studi di Padova
Gli interventi degli esperti sono stati di grande interesse. I metodi della scienza, senza perdere il loro legame con l’approccio tradizionale, hanno fatto grandi passi in avanti. I primi risultati esposti aprono uno spiraglio di grande fascino sulla storia del sito dello Scorluzzo.
Un caso emblematico di come storia e ricerca scientifica possano trarre grande vantaggio dalla reciproca collaborazione.
La registrazione della mattinata è disponibile al link
https://drive.google.com/file/d/1VtP8ukScB9emD12ucQ4z4ODRkClIzZ1V/view
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